Io non sono mai stata particolarmente patriottica (e non penso lo diventerò ora).
Però, quando si parla di cibo, sono molto fiera della regione da cui provengo, e molto legata ai piatti della sua tradizione.
Culinariamente parlando, io sono EMILIANA. E ci tengo molto. Quando ero all’università, mi definivano spesso ROMAGNOLA, e io me la prendevo. Non ho nulla contro i romagnoli. Ma io sono EMILIANA, emilianissima! Sono due cose diverse, soprattutto quando si parla di cucina.
Se, ad esempio, pensate di poter mangiare le Tigelle a Forlì, bé… farete fatica.
Questo piatto è tipico della mia città (Modena e provincia), e dell’appennino modenese.
Per essere corretti bisognerebbe chiamarle “crescentine (montanare)”, solo che dopo verrebbero confuse con le “crescente bolognesi”, che sono tutt’altra cosa (sono il “gnocco fritto” che troverete nei ristoranti di Modena e provincia). Tigella, infatti, era il nome dei vecchi stampi in cui questi “panini” venivano cotti. Ma in città, il nome dello “stampo” è poi rimasto anche al prodotto finito.
Sono delle specie di “panini”, rotondi e alti 1 cm circa (quindi più simili a delle focaccine in realtà), cotti in appositi stampi (tigelliere), che imprimono, in cottura, dei disegni alle tigelle (lo stampo della mia mamma ha dei disegnini molto più carini del mio, ma col tempo la qualità degli stampi e l’accuratezza dei dettagli – come dei disegni all’interno – è andata calando), e che si mangiano tagliati a metà e farciti con salumi, formaggi, “pesto” (un battuto di lardo aglio e rosmarino), e quello che piace :) anche nutella e marmellata…
Ogni casa ha la sua ricetta. C’è chi impasta con la panna, con solo acqua, o metà latte e metà acqua. Fondamentalmente è una pasta da pane lievitata, tagliata a dischetti e (eventualmente dopo una ulteriore lievitazione) cotta negli stampi di cui sopra.
Mia mamma fa tutto a occhio. Io facevo con dosi un po’ inventate. Erika, mia vecchia conoscenza e “vicina di casa”, un giorno, su facebook, ha scritto che usava l’impasto della pizza per pizza express anche per fare le tigelle. Così mi ha incuriosito, e ho provato.
In effetti vengono veramente bene, croccantine fuori e non eccessivamente mollicose all’interno.
Per le tigelle, si impasta, si lascia lievitare un… due orette, poi si stende l’impasto (io con mezza dose ho fatto 15 tigelle, le ho tirate anche un po’ più sottili di 5 mm), si tagliano le tigelle con l’apposito stampino
(ha un diametro di 8 cm e viene fornito assieme alla tigelliera)
si mettono a lievitare facendo degli strati di tigelle separati da canovacci (si stende un canovaccio, si appoggiano distanziate le tigelle, si copre con un canovaccio e si fa un altro strato di tigelle, ripetendo questa sequenza massimo per 2 piani di tigelle, poi si prende un altro vassoio e si ricomincia da capo: canovaccio, tigelle, canovaccio, tigelle, canovaccio) – io ho lasciato lievitare un’oretta scarsa in luogo tiepido, perché l’affamato voleva pranzare :)
si fa scaldare per bene lo stampo sul fornello, a fiamma media, per 7 minuti da una parte, e 7 minuti dall’altra, poi si mettono le tigelle nelle impronte dello stampo, si chiude e, col fuoco non troppo alto, si fanno cuocere da una parte, poi dall’altra, girando lo stampo.
(Questo stampo di Erika è la versione moderna della tigelliera, non serve girarle ;) ma io sono molto tradizionalista, e non cambierei la mia tigelliera con una elettrica!!)
Una volta cotte, si mettono in un cestino foderato con un canovaccio, coprendole con il lembo di canovaccio che sporge, per tenerle calde. (ci sono in commercio degli appositi cestini per tigelle, molto simpatici, ad esempio come questo, con delle aperture alla base per poter infilare la mano e tirarne fuori le tigelle)
si aprono a metà (col coltello o con le manine)
e si farciscono a piacere
Le tigelle in origine venivano usate in sostituzione del pane (siamo senza pane… facciamo due tigelle!), e vengono ancor oggi usate così con pollo o coniglio in umido (alla cacciatora), per fare la scarpetta col sughetto della carne.
Si possono fare di farina bianca, o aggiungendo alla farina bianca della farina integrale (mia nonna le faceva così, e usava un po’ di bicarbonato anziché il lievito di birra: diciamo che faceva una versione “speedy” senza lievitazione).
Sono buone comunque sian fatte. Perché mi ricordano la mia infanzia.
Da noi si usa spesso proporre una cena a “gnocco fritto e tigelle” al ristorante.
Ma posso dire sinceramente… che sia le tigelle che il gnocco fritto (sì, è grammaticalmente scorretto, ma si dice IL gnocco fritto) vengono più buoni fatti in casa che al ristorante… quindi preferisco di gran lunga farli io piuttosto che andarli a mangiare fuori casa!